Le voci del vento: il Festival della Musica Arbëreshe

Le voci del vento: il Festival della Musica Arbëreshe

Nel cuore della Calabria, la musica arbëreshe diventa linguaggio universale. Un evento che è suono, identità e memoria collettiva.

In alcuni luoghi del Mediterraneo, il tempo non si limita a passare: vibra. Vibra nei canti, nei gesti tramandati, nei dialetti che sopravvivono come vene di un'antica radice. È ciò che accade nella comunità arbëreshe della Calabria, una minoranza etnolinguistica albanese presente da oltre cinque secoli, che ogni anno celebra la propria storia con un evento di rara intensità: il Festival della Musica Arbëreshe.

Siamo nella provincia di Cosenza, in borghi dove le parole hanno suoni diversi ma il cuore batte lo stesso ritmo. Luoghi come San Demetrio Corone, Civita, Frascineto diventano teatro di un appuntamento unico nel panorama culturale italiano, dove la musica diventa ponte tra generazioni, popoli e identità multiple.

Un patrimonio sonoro antico e vivo

La musica arbëreshe non è solo intrattenimento. È testimonianza orale, rito e narrazione, che ha attraversato il mare insieme ai profughi albanesi fuggiti dall’Impero Ottomano nel XV secolo. I canti epici, le melodie malinconiche, le danze rituali raccontano l’esilio, la nostalgia, ma anche la resistenza culturale di un popolo che ha saputo integrarsi senza mai perdere sé stesso.

Durante il festival, le note di strumenti tradizionali – come la lahuta, il fyell o le percussioni tipiche – risuonano in piazze, chiese, cortili, generando un’esperienza immersiva dove la lingua arbëreshe, protetta da UNESCO e dalle istituzioni italiane, torna ad essere cantata, danzata e condivisa.

Un evento che è anche rinascita

Il Festival della Musica Arbëreshe non è solo celebrazione, ma anche rigenerazione culturale. Giovani artisti riscoprono le radici, contaminando la tradizione con sonorità moderne. Anziani suonatori trasmettono ai bambini non solo le melodie, ma il senso profondo dell'appartenenza. E i visitatori – italiani e internazionali – scoprono un turismo esperienziale autentico, fatto di accoglienza, racconti e incontri.

I laboratori musicali, le mostre fotografiche, le tavole rotonde sul valore delle minoranze linguistiche contribuiscono a dare spessore all’evento, trasformandolo in un manifesto vivente di biodiversità culturale.

Un viaggio tra suono e paesaggio

Partecipare al Festival significa anche immergersi nei paesaggi mozzafiato del Pollino, tra canyon, mulattiere antiche e case di pietra viva. Civita, ad esempio, è uno dei borghi più belli d’Italia, sospeso tra l’eco delle Gole del Raganello e il profumo del pane cotto a legna.

Qui, musica e natura sembrano parlarsi. I canti si mescolano al rumore dell’acqua, le fisarmoniche accompagnano il volo degli uccelli, i cori femminili evocano antichi riti precristiani legati alla terra, al raccolto, alla vita.

Il valore di una minoranza che è tesoro d’Europa

La cultura arbëreshe è uno dei patrimoni viventi dell’Europa, riconosciuta come modello di coesistenza tra identità. Il Festival della Musica Arbëreshe diventa così non solo evento artistico, ma anche atto politico e culturale, capace di mostrare come la diversità sia una ricchezza e non un ostacolo.

Un appuntamento che parla a tutti, anche a chi non conosce la lingua, perché la musica – quando nasce dal cuore – supera ogni confine.

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